Ogni tanto mi sono
chiesto se solo le grandi città hanno una data di fondazione che si perde nella
notte dei tempi. La risposta, alla luce dei fatti che andrò a raccontarvi, è
assolutamente negativa. Notizie relative a Dobbiaco – per chi non la
conoscesse, ridente località turistica altoatesina a cavallo tra Veneto e
Austria – sono infatti già presenti in documenti risalenti all’827 d.C. dove
compare col toponimo di Duplago: sì, esattamente il nome della vecchia
discoteca sulla strada della Valle San Silvestro che negli anni ’90 riempiva i
finesettimana di noi giovani turisti in cerca di variazione sul tema!
Una tesi[1]
ha affermato l'origine del nome dal latino Duplagum, ovvero "due
acque". Soluzione plausibile, in quanto nelle vicinanze del paese si
trovano sia due laghi (Dobbiaco e Landro), sia le sorgenti di due importanti
fiumi (Drava e Rienza). Ricordiamoci, a tal proposito, che
tutto il territorio al di qua delle Alpi (e non solo) fu terra di conquista
dei Romani che in questa vallata nel 15 a.C. fondarono anche Littamum, l’odierna San Candido, e successivamente costruirono la vecchia
strada della Val Pusteria. Itinerario non ancora del tutto rintracciato anche
se sappiamo, grazie al rinvenimento di una pietra miliare del 247 d.C., che
attraversava il Rio San Silvestro in località Grazze, proprio nel comune di Dobbiaco.
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Principi, musici e banchieri -
Il nucleo storico del paese,
sviluppato intorno alla chiesa di San Giovanni Battista (di origine gotica ma completamente rifatta in stile tardo barocco nel XVIII secolo) e al castello medievale
Herbstenburg (vedi dopo), vive sospeso tra Valle San Silvestro e il Monte Rota, il Rio San
Silvestro e la Rienza, e osserva con apparente distacco la Strada Statale 49
Bressanone-Austria, la ferrovia Fortezza-Lienz e soprattutto il suo fratello
gemello (ma sarebbe meglio definirlo "fratello minore") Dobbiaco Nuova, creato
ufficialmente solo nel 1890 con l’apertura di ulteriori strutture alberghiere
che facevano compagnia al già presente e rinomato Grand Hotel. A sua volta inaugurato nel 1878 per accogliere i viaggiatori provenienti dal cuore dell’Impero
Austro-Ungarico.
Un immagine recente del Grand Hotel
Alla fine del XIX secolo, il paese risultava infatti essere
uno dei principali centri di villeggiatura estiva (le stagioni turistiche
invernali partiranno solo a cavallo tra le due guerre, negli anni ’30 del ‘900)
del Tirolo[2],
inferiore solo a Merano, Gries, Arco, Innsbruck. Prova ne sia che proprio qui a
Dobbiaco, da metà ‘800, hanno soggiornato numerosi nobili, banchieri come il
famoso Barone Rothschild, principi come l’erede al trono tedesco Federico
Guglielmo (dal 1888 Federico III), il re Leopoldo di Belgio e
pure Gustav Mahler che, in ferie nel maso Trenker di Carbonin Vecchia,
compose la sua “Nona Sinfonia”.
Motivo di ‘sì tanta fama? Certamente lo
splendido paesaggio, ma grande attrazione nei tempi andati erano anche le
cosiddette “cure dell’acqua”, note sin dal 1511 quando il re
Massimiliano I si fermò per un lungo periodo ai Bagni di Pian di Maia
per ristorarsi, rilassarsi e recuperare la perduta salute. La località di Bad Maistatt è
ancora presente, con una casa di soggiorno ai margini del bosco, una bella
chiesetta e naturalmente l’acqua curativa (e potabile!) nella grotta adiacente,
raggiungibile percorrendo la silenziosa strada che collega Carbonin Vecchia a
Villabassa.
Gustav Mahler
- Le guerre mondiali -
Allo scoppio della
Prima Guerra, nel 1914, quell’atmosfera idilliaca che sembrava destinata a
durare in eterno, d’improvviso volò via come foglia d’autunno. Il fronte passava
a pochi chilometri da Dobbiaco (ve lo racconteremo certamente in uno dei prossimi articoli), così come adesso in soli 10 minuti di macchina
si può raggiungere il confine di Stato e quello regionale. Dopo l’ingresso
dell’Italia nel conflitto, nel 1915, gli Austriaci lentamente indietreggiarono
dai propri possedimenti abbandonando la zona di Cortina (che Massimiliano
d’Asburgo aveva strappato a Venezia nel 1511) e trasferendosi prima sui passi
Dolomitici, poi verso il cuore dell’Alta Pusteria verso proprio il "nostro" paese[3].
Il borgo di Landro, dove ora resta soltanto l’omonimo lago e una struttura
alberghiera, venne totalmente distrutto dalle amiche batterie asburgiche per
esigenze di visuale; profonde ferite belliche toccarono il centro di Sesto di
Pusteria e Carbonin, ma anche qualche abitazione e albergo della stessa
Dobbiaco furono gravemente danneggiate. Il successivo trattato di pace di Saint
Germain (1919) smembrò definitivamente il vecchio impero austro-ungarico e
assegnò il neonato Sudtirolo al Regno d’Italia.
Foto d'epoca di Landro (www.toblacco.com e www.tobla.net)
Uno dei punti centrali del fronte - oltre alle Tre Cime - si trovava sul Monte Piano (2324 m) dove in alcuni punti le trincee distavano anche solo pochi metri. Grazie all'associazione "Dolomitenfreunde" è stato allestito in loco un museo all'aperto unico nel suo genere e sempre visitabile durante i mesi estivi. Altri musei simili sono presenti presso la Croda Rossa, Forcella 11 e Prato Piazza, senza parlare delle numerose fortificazioni e bunker tuttora visibili, ad esempio, nei boschi e i prati tra San Candido e Dobbiaco, ma purtroppo non più accessibili. Interessante anche il Museo Dolomythos di San Candido (www.dolomythos.com) Per chi volesse ripercorrere in modo didattico - a 100 anni dell'entrata in guerra dell'Italia - gli storici e sanguinosi combattimenti su queste montagne, la rete e le biblioteche della Val Pusteria offrono numerose possibilità. Dal canto mio, vi segnalo l'archivio fotografico del Tirolo (www.tiroler-photoarchiv.eu), il sito Fronte Dolomitico (www.frontedolomitico.it) e lo specifico libro di Martin Kofler "La Val Pusteria e la guerra 1914-1918".
Terminato il conflitto, il turismo riprese con nuovo impulso alla metà degli anni ’20. Cambiata l’amministrazione statale, i primi villeggianti furono logicamente gli italiani che desideravano scoprire i nuovi territori acquisiti; la maggior parte di essi proveniva dal Veneto, grazie anche alla neonata linea ferroviaria Calalzo-Cortina-Dobbiaco (vedi paragrafo successivo) che univa in un sol colpo Cadore e Sudtirolo: vecchio e nuovo confine. Gli anni ’30 furono quelli della forzata “italianizzazione” dell’Alto Adige ad opera di Mussolini, progetto che inevitabilmente creò qualche malumore con l’alleato tedesco. Ma nel 1939 il Duce e Hitler, che nel frattempo si era annesso l’Austria, trovarono un accordo: i Sudtirolesi avrebbero dovuto scegliersi in totale autonomia la patria definitiva ed eventualmente emigrare nella nuova casa madre Germania. L’86% scelse di partire (a Dobbiaco l’80% degli abitanti) ma la lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la successiva disfatta tedesca bloccarono l’emigrazione di massa. Per evitare conflitti e spinte irredentiste – che comunque ci furono – il neonato Stato Repubblicano Italiano, come sappiamo, fornì a questi territori la più alta autonomia amministrativa.
Immagini di guerra sulle Dolomiti
Terminato il conflitto, il turismo riprese con nuovo impulso alla metà degli anni ’20. Cambiata l’amministrazione statale, i primi villeggianti furono logicamente gli italiani che desideravano scoprire i nuovi territori acquisiti; la maggior parte di essi proveniva dal Veneto, grazie anche alla neonata linea ferroviaria Calalzo-Cortina-Dobbiaco (vedi paragrafo successivo) che univa in un sol colpo Cadore e Sudtirolo: vecchio e nuovo confine. Gli anni ’30 furono quelli della forzata “italianizzazione” dell’Alto Adige ad opera di Mussolini, progetto che inevitabilmente creò qualche malumore con l’alleato tedesco. Ma nel 1939 il Duce e Hitler, che nel frattempo si era annesso l’Austria, trovarono un accordo: i Sudtirolesi avrebbero dovuto scegliersi in totale autonomia la patria definitiva ed eventualmente emigrare nella nuova casa madre Germania. L’86% scelse di partire (a Dobbiaco l’80% degli abitanti) ma la lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la successiva disfatta tedesca bloccarono l’emigrazione di massa. Per evitare conflitti e spinte irredentiste – che comunque ci furono – il neonato Stato Repubblicano Italiano, come sappiamo, fornì a questi territori la più alta autonomia amministrativa.
Dobbiaco tra le due guerre (www.altapusteria.info)
- Herbstenburg, il castello di Dobbiaco -
- Le ferrovie -
Situato in pieno centro, poco più in alto della chiesa parrocchiale e affiancato al cimitero, fu fatto costruire all'inizio del 1500 dai fratelli Caspar e Christoph Herbst, originari del ducato di Kraina (oggi Slovenia). In realtà fu una ricostruzione (o ammodernamento), visto che era già presente un vecchio torrione di guardia goriziano. Una cinquantina di metri alla sua sinistra, sotto la collina, i nobili fecero edificare anche una torre di guardia, la Torre Rossa (ora albergo), collegata al castello da un corridoio sotterraneo tanto grande da far passare sia uomini che cavalli. Quando scoppiò la guerra tra Austria e Repubblica di Venezia, nel febbraio del 1508, il castello ospitò niente meno che l'imperatore Massimiliano I Asburgo che proprio qua dentro, l'8 ottobre dello stesso anno, convocò la Dieta di Augusta per invitare i principi elettori germanici alla sua causa che si concluderà vittoriosamente tre anni dopo.
Per ampliare le conoscenze storiche, vale la pena ricordare che Massimiliano salì al trono nel 1493 riunendo sotto il suo controllo un enorme impero che andava dalla Borgogna al Benelux, dal nord-est della Francia all'Austria attuale, dalla contea di Gorizia all'Istria, dalla Boemia alla Trentino-Alto Adige. Cosa mancava per chiudere il cerchio? Ovviamente i territori della confinante Repubblica di Venezia.
La torre rossa di Dobbiaco, in Via...Torre Rossa
Ma torniamo alla famiglia Herbst. I due fratelli Caspar e Christoph, seppur maritati, morirono rispettivamente nel 1523 e nel 1538 senza lasciare eredi. Il castello passò così attraverso vari proprietari, dai Goessl di San Candido ai Klebersberg di Brunico, dai Bossi-Fedrigotti ai Goldegg-Lindenburg. Agli inizi degli anni '60 la residenza fu infine acquistata da una nobile famiglia romana, i marchesi Cavalcabò-Misuracchi-Fratta, attuali proprietari. Non si strappino a questo punto i capelli tutti i radical Medievalisti: Castel Herbst non è purtroppo visitabile!
- Le ferrovie -
Indovina indovinello: qual
è la caratteristica strutturale di molte grandi città? Risposta: essere il
crocevia di almeno due linee ferroviarie. Ebbene, prendendo questo parametro
come riferimento, Dobbiaco fino a qualche anno fa poteva salire tranquillamente
sul piedistallo, grazie alla strada ferrata della Val Pusteria e a quella delle
Dolomiti. La ferrovia della Val Pusteria entrò in funzione il 20
novembre del 1871, dopo soli 7 mesi di lavori. In circa 5 ore e mezzo (invece
delle attuali 2, fermate incluse!) collegava i 130 km che separavano Lienz da
Fortezza, affiancandosi alla linea del Brennero inaugurata nel 1867 e
permettendo così di unire gli estremi lembi del Tirolo: da sud a nord,
attraverso il passo del Brennero; da est a ovest, lungo l’attuale SS 49 e il
fiume Drava. Socio di maggioranza della neonata linea ferroviaria era il famoso
barone e miliardario Rothschild, citato in precedenza.
Foto d'epoca della stazione di Dobbiaco (www.trenietreni.it)
La ferrovia
delle Dolomiti univa invece Calalzo a Dobbiaco, passando per Cortina. Anche
se alcuni tratti furono costruiti a scopo militare dall’esercito
austriaco, durante la Prima Guerra Mondiale, l’entrata in funzione definitiva
avvenne nel 1921. L’elettrificazione del ‘28 presupponeva un lungo e duraturo
successo, ma nel 1964, causa un utilizzo pressoché locale e non di massa, fu
purtroppo soppressa. Attualmente l’ex strada ferrata ospita un’affascinante
pista ciclabile, anche se alcuni tratti, soprattutto quelli nelle vecchie
gallerie, sono accessibili solo a piedi.
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Qualche curiosità -
Chiudiamo la
nostra storia con alcuni aneddoti storici. Abbiamo parlato di Dobbiaco come
meta turistica secolare. Ebbene, per offrire qualche cifra al lettore più
curioso, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, nella sola stagione
turistica estiva (giugno-settembre), il paese raggiungeva la bellezza di circa 150.000
pernottamenti! Come metro di paragone, pensate che nel 1959, sommando la
stagione invernale e quella estiva, i pernottamenti furono “solo” 72.434 e
dobbiamo aspettare il 1967 perché tocchino la considerevole cifra di 229.652
(fonte: Azienda di turismo e soggiorno del Comune di Dobbiaco).
Il lago di Dobbiaco
Ma non finisce qui. Il paese detiene due record assoluti dell’Alto Adige. Nel 1911 proprio qui fu edificato il primo trampolino di salto con gli sci[4] (oggetti scoperti nel 1890 dal pittore tedesco Emil Teschark durante un viaggio in Scandinavia e importati prima in Val Gardena poi a Cortina) e nel 1948 fu costruita la prima seggiovia che collegava Dobbiaco al Monte Rota. Funzionava – pensate un po’ – col motore di una vecchia Balilla! Purtroppo il versante troppo esposto al sole e poco ricco di neve fu la causa della sua successiva soppressione negli anni ’80, ma l’antico fascino e la copiosa gloria dureranno certamente sin quando avrà vita il borgo stesso borgo!
La ex "mono-seggiovia" del Monte Rota
[1] Vedi WIKIPEDIA
[2] HANS HEISS, Grand Hotel Dobbiaco . All’avanguardia
del turismo nelle Alpi, Folio Verlag, Vienna-Bolzano, 1999
[3] WALTHER SCHAUMANN, Dobbiaco. Paesaggio
e storia tra monti, defregger, Pusteria e Dolomiti, Ghedina e Tessori,
Bassano del Grappa, 1986
[4]
MICHAEL WACHTLER, Piccole storie di grandi persone. L’ascesa inarrestabile
del paese di Dobbiaco, Ski Club Dobbiaco-Raiffeisen, S. Candido, 2000