Per la maggior parte dei
nostri lettori (e non solo) la località altoatesina di San Candido, situata in
posizione strategica a due passi dal confine di Stato con l’Austria e da quello
regionale col Veneto, rappresenta solamente la location della fiction
televisiva di Rai 1 “A un passo dal cielo”, interpretata dal sempreverde
parroco-pistolero-forestale Terence Hill. Ma per quelli come me che la
giudicano quasi una seconda patria, trascorrendovi le estati e gli inverni
dalla tenera età di 1 anno – con l’aggravante di essere personalmente figlio di
una delle prime turiste del centro Italia, presenza ininterrotta da fine
anni ’50 alla sua morte – vedere quelle splendide immagini da cartolina in tv è
un ulteriore riconoscimento verso un paese dove lascio sempre un pezzo di
cuore. E detto, tra noi – di nascosto da mia moglie – dove vorrei vivere un
giorno l’ultima parte della mia vita.
Il centro del paese durante le riprese
Certo, questo galleggiare
al centro dell’attenzione degli ultimi anni, come una diva da prima pagina, ha
anche i suoi risvolti negativi: quasi una “Cortinizzazione”
del paese – se mi si passa il termine – in cui vi si trascorre l’estate (o
qualche inverno) non tanto per godere delle bellezze artistiche e
paesaggistiche, quanto per dire “io c’ero, io ci sono stato”.
A tutti questi turisti cool,
da aperitivo all’aperto nella piazza principale e da selfie in costume
da bagno in qualche prato rigorosamente a bassa quota, ma anche a tutti coloro
che il paese l’hanno visto solo in televisione, voglio raccontare l’altra San
Candido: quella vera, ricca di storia, cultura, meravigliosi paesaggi,
passeggiate e ottimi impianti sciistici per lo sport invernale.
- Un po’ di storia -
Le prime testimonianze di
vita nel paese risalgono intorno al 1000 a.C.. Ritrovamenti archeologici sui
Monti San Candido hanno portato alla luce oggetti di uso quotidiano e resti di
nuclei abitativi appartenenti al popolo balcanico degli Illiri, ben noto ai
Greci e ai Romani. Per la posizione strategica sull’importante via di
comunicazione verso est, divenne successivamente ambita stazione di transito
sia per i Celti, che su questi monti abitarono intorno al 500 a.C. - in particolare i Reti che si insediarono in tutta l'Alta Pusteria - e ai quali
si deve probabilmente il toponimo tedesco Innichen (da Indiacu,
“possedimento di bella immagine”), sia per i Romani, che vi giunsero nel 15
a.C. per poi proseguire in direzione Aquileia. Dall’unione della lingua Latina
con il precedente dialetto Celto-Illirico prese forma il Ladino, parlato
tuttora in alcune vallate altoatesine.
Fondamentale fu il periodo di dominazione romana, non solo per la creazione di un centro urbano vero e proprio - da loro chiamato Littamum - ma anche per i ritrovamenti archeologici. Nel corso dei lavori di ristrutturazione dell'Hotel Villa Stefania (lungo il fiume Drava, in direzione Versciaco) sono stati infatti riportati alla luce resti di antiche terme risalenti al II-III secolo d.C.. Trattasi di parti del pavimento originale, sotto il quale è stato rinvenuto pure una sorta di impianto di riscaldamento.
Fondamentale fu il periodo di dominazione romana, non solo per la creazione di un centro urbano vero e proprio - da loro chiamato Littamum - ma anche per i ritrovamenti archeologici. Nel corso dei lavori di ristrutturazione dell'Hotel Villa Stefania (lungo il fiume Drava, in direzione Versciaco) sono stati infatti riportati alla luce resti di antiche terme risalenti al II-III secolo d.C.. Trattasi di parti del pavimento originale, sotto il quale è stato rinvenuto pure una sorta di impianto di riscaldamento.
Il resti del pavimento riscaldato presso le antiche terme
La fine dell’Impero
Romano d’Occidente e la relativa assenza di un forte potere costituito portò a
continui raid e invasioni da parte degli Unni e a lotte tra Slavi e Baiuvari
(popolo germanico proveniente dalla Boemia, stanziatosi poi nell’attuale
Baviera) per la conquista del territorio. Alla fine furono questi ultimi a
spuntarla e il duca Tassilo III, di fede cristiana, nel 769 fece costruire
proprio a San Candido un’abbazia dei Benedettini come avamposto per la
conversione degli Slavi infedeli. Questa data viene universalmente riconosciuta
come quella della fondazione vera e propria del paese.
Tutto il territorio del Tirolo (compresa l’intera Pusteria) entrò alla metà del XIII secolo nell’orbita della contea di Gorizia fino al 1500 quando, alla morte di Leonardo V, ultimo conte, passò per linea diretta a Massimiliano I di Asbugo, i cui successori regnarono fino alla sconfitta austriaca nella Grande Guerra. Come sappiamo, San Candido divenne infine italiana. Vale la pena, a conclusione, ricordare che il 3 marzo del 1945, agli sgoccioli della Seconda Guerra Mondiale, il paese fu bombardato dagli Alleati che distrussero – tra gli altri – lo storico convento dei Francescani successivamente ricostruito.
- Arte e cultura -
Con una storia che
attraversa magistralmente antichità ed epoca moderna, numerose restano le
testimonianze e i monumenti da visitare con stili che spaziano dal romanico al
barocco.
Un ottimo esempio è la Collegiata[1],
ovvero quel Duomo universalmente considerato come il miglior esempio di
romanico di tutto l’arco alpino. La chiesa venne eretta nel XIII secolo al
posto del citato convento benedettino (il campanile è invece del secolo
successivo) e fu subito dedicata prima a San Candido (ecco svelato il toponimo
italiano!), protettore del duca Tassilo III, fondatore del paese, e decenni
dopo anche a San Corbiniano, patrono della cittadina bavarese di Frisinga,
della cui diocesi faceva parte. Assolutamente da vedere gli affreschi interni,
del XV-XVI secolo, la cripta e il crocifisso in legno con uno splendido Cristo
che sovrasta curiosamente la testa di Adamo (a significare che è lui il nuovo
uomo a differenza dell’altro egoista e peccatore), con ai lati Maria e
Giovanni: la Chiesa che va avanti, che si espande anche dopo la sua morte.
All’esterno dell’edificio,
oltre al cimitero amato al crepuscolo da tutti i giovani turisti filo-gothic,
consigliabile una visita alla Prepositura del XIV secolo che ospita il
museo, la biblioteca e l’archivio della Collegiata stessa. Da vedere sei secoli
di sculture e pitture di scuola sancandidese, un magnifico esempio di stube del
1560, un messale risalente al XV secolo, alcune opere originali del filosofo
giramondo di origine catalana Raimondo Lullo (1235-1316) e l’intera biblioteca
appartenuta all’umanista Niccolò Polo (XV secolo): tutti indizi che dimostrano
l’importanza del paese e della Collegiata anche come centro di ricerca
scientifica.
La Collegiata
Per la cura quotidiana
delle anime fu invece fatta edificare l’adiacente chiesa di San
Michele, documentata già nel 1241 ma certamente più vecchia. La costruzione
originale andò bruciata nel 1735, cosicché fu rifatta nello stile barocco
dell’epoca e ultimata nel 1760. A differenza della Collegiata, la chiesa ha una
sola navata ma è comunque impreziosita da splendidi affreschi sulla vita di San
Michele eseguiti da Cristoph Mayr, pittore proveniente dalla cittadina
austriaca di Schwaz.
La presenza del citato Convento dei Francescani, terminato nel 1698, fu osteggiata in ogni modo dal resto del clero locale, ma l’amicizia che legava l’ordine all’imperatore Leopoldo I fece sì che venne comunque ultimato. Il clima ostile e qualche sonora “gufata” parvero comunque protrarsi attraverso i secoli, visto che l’edificio fu non solo bombardato nel marzo del ’45, ma subì anche numerose alluvioni dell’adiacente Rio Sesto: non ultima quella del novembre 1966 che molti italiani (fiorentini in primis) ancora ricordano con timore. Da vedere nel chiostro ben 31 tavole sulla vita di Francesco dipinte nel 1709 dal frate Lukas Plazer.
La presenza del citato Convento dei Francescani, terminato nel 1698, fu osteggiata in ogni modo dal resto del clero locale, ma l’amicizia che legava l’ordine all’imperatore Leopoldo I fece sì che venne comunque ultimato. Il clima ostile e qualche sonora “gufata” parvero comunque protrarsi attraverso i secoli, visto che l’edificio fu non solo bombardato nel marzo del ’45, ma subì anche numerose alluvioni dell’adiacente Rio Sesto: non ultima quella del novembre 1966 che molti italiani (fiorentini in primis) ancora ricordano con timore. Da vedere nel chiostro ben 31 tavole sulla vita di Francesco dipinte nel 1709 dal frate Lukas Plazer.
L'interno di San Michele
La cappella Altoetting
e del Santo Sepolcro è una curiosa costruzione composta da ben due cappelle
addossate l’una all’altra: la prima ricorda quella della città bavarese di
Altoetting, l’altra è un’imitazione del Santo Sepolcro di Gerusalemme. L’idea
venne a Georg Paprion, amante di entrambi gli stili, che così le ricostruì nel
XVII secolo. Da vedere all’interno alcuni affreschi a cura della bottega del
sancandidese Schranzhofer. L’imperatore tedesco Federico III se ne innamorò a
tal punto che su questo ibrido modello fece erigere il suo mausoleo a Potsdam.
La residenza
Frankenegg è invece una ex chiesa situata in via duca Tassilo 17,
riconoscibile dagli infissi con i classici colori bianchi e rossi. Affascinante
la cosiddetta “sala veneziana”, ideata nel 1720 da un artista lagunare con, tra
gli altri, alcune mascheroni carnascialeschi scolpiti sulle pareti.
Appena fuori paese, il Castello
del conte d’Acquarone, residenza privata appartenuta dopo la Grande Guerra
a un ministro della real casa di Savoia, che contiene una delle più ricche
collezioni al mondo di trofei venatori, e i bagni di San Candido: ex
complesso di terme refrigeranti già frequentate nel XVI secolo da nobili e
aristocratici. Oltre a poter bere acque di varia e ottima qualità (dagli anni
’60 trasportate in paese tramite una conduttura e imbottigliate con l’etichetta
“Kaiserwasser”, essendo storicamente di grande gradimento sia per gli
imperatori tedeschi Guglielmo e Federico che per l’austriaco Carlo) è ancora
possibile vedere la struttura ormai fatiscente del vecchio Grand Hotel
costruito nel 1856 (il più grande dell’intera Pusteria dopo quello di Dobbiaco,
con 120 camere e 200 posti letto) e andato pian piano in rovina dopo la brusca
fine del turismo dovuto alla Prima Guerra Mondiale, e visitare l’adiacente
cappella dedicata a San Salvatore, anno domini 1594.
I resti del Grand Hotel
- Turismo, curiosità e spot invernale -
Frequentato – come detto
– da imperatori tedeschi e austriaci, il paese già alla vigilia della Grande
Guerra era meta turistica ambita, con villeggianti provenienti soprattutto da
Austria, Ungheria, Prussia e nord Italia. Molte, se paragonate a una
popolazione di residenti stabilmente intorno alle 3000 unità o poco più (erano
2600 nel 1950), sono le seconde case: 210 nel censimento del 2000, 316 in
quello del 2007, anche se il Comune di San Candido cerca in ogni modo di
scoraggiare la pratica[2].
Un buon disincentivo sono certamente i prezzi, ormai stabilmente sui 6000
euro/mq nonostante la crisi degli ultimi anni che ha portato a un generale
abbassamento ovunque (a Cortina superano ancora i 10.000 euro!). E a qualcosa
l’alto listino deve essere servito, visto che da un paio d’anni sulla facciata
di alcuni appartamenti compare la medesima scritta “Zu verkaufen”.
Se gli amanti dello
shopping e della vita sedentaria non resteranno delusi, tra negozi alla moda e
una piscina super attrezzata, a godere saranno ancor di più i teorici della
“sgambata”. Il bello di San Candido è, infatti, l’accessibilità di boschi,
sentieri e impianti di risalita direttamente dal paese. Molte le facili passeggiate
eseguibili con un comodo paio di scarpe (verso i Baranci, le sorgenti della
Drava – unico fiume italiano che attraversa ben 5 stati diversi! – , la valle
di Dentro col rifugio dei Tre Scarperi) o pedalando dolcemente verso Dobbiaco,
Versciaco o addirittura Lienz. Non preoccupatevi: i 45 km di distanza hanno un
favorevole dislivello di ben 600 metri all’andata, con possibilità di ritorno
in treno con bici a seguito. Per i più piccoli, oltre a un parco giochi su una
collinetta che sovrasta il paese, anche la novità del Funbob: una monorotaia di
1700 metri che dal rifugio Haunold trasporta fino a valle dei piccoli bob in
metallo.
Il fun bob
San Candido è rinomata
anche per lo sport invernale, con impianti e piste accessibili
poco fuori dal centro del paese, a differenza di quasi tutte le altre località
della Val Pusteria. Curiosa la loro nascita. Dopo la Seconda Guerra Mondiale,
si cercò di creare anche il turismo invernale. Per non rovinare i pascoli, fu
inizialmente prescelto il versante sotto i Monti San Candido e molti ancora
ricordano, nel 1948, una sorta di slitta cumulativa trainata da un verricello
per salire ad “alta” quota. L’esperimento però durò poco, così come quello di
piccoli ganci a cui attaccarsi singolarmente, e fu poco dopo sostituito dal trattore
di un contadino che, a pagamento, portava in vetta i primi sciatori. Ma a causa
dei costi eccessivi e dal fatto che la neve su quel versante a fine gennaio era
già sciolta, l’Azienda di Soggiorno decise di ripensare drasticamente la
location e nel 1956, per 22 milioni delle vecchie lire, fece costruire sul lato
Baranci la vecchia seggiovia monoposto. Per i principianti, nel 1959 ecco anche
lo skilift sulla collinetta “Castello”. Col crescere dei consensi, presero pian
piano forma tutti gli altri impianti di risalita, lo skilift principianti fu
trasferito nel 1977 nell’attuale prato a valle e nel 1979 la seggiovia divenne
a due posti. L’ultima trasformazione nel 1994 con i nuovi seggioloni a 4 posti
e il trasferimento a valle (prima era all’altezza degli impianti sportivi)
accanto allo skilift baby.
Sci sotto il rifugio Baranci
- San Candido e il cinema -
No, non voglio parlarvi della mini arena all'interno del centro Josef Resch, ma del cinema con la "C" maiuscola: quello che vede come protagonista il paese e i suoi figli. Poichè è sin troppo banale raccontare della già citata fiction con Terence Hill, voglio stupirvi con ben due storie di cui nemmeno il sottoscritto era a conoscenza.
La prima è datata 1954. In quell'anno esce infatti al cinema il film "Orient Express" del grande regista Carlo Ludovico Bragaglia. La storia di per sè non è niente di particolare. Un treno internazionale (il nome Orient Express in quegli anni evocava uno straordinario fascino esotico) rimane bloccato per una frana in un paesino di montagna (San Candido), facendo nascere storie impensabili e amori impossibili tra i passeggeri e gli abitanti del luogo. Non vi preoccupate: gli attori non sono Herr Senfter o Frau Schaefer, bensì divi veri e propri come Silvana Pampanini (già protagonista all'epoca di pellicole quali "Bellezze in bicicletta" o "I pompieri di Viggiù"), la splendida ungherese Eva Bartok, i francesi Henri Vidal e Robert Arnoux, il tedesco Carl Jurgens, il nostro Folco Lulli (già in "Napoli milionaria"). La pellicola non ottenne - ahimè - uno straordinario successo ma chissà...magari, allora come adesso, dette un grande input al turismo di massa.
La seconda storia cinematografica riguarda invece un protagonista in carne e ossa: il regista Georg Tschurtschenthaler. Sicuramente il nome non evoca sold out da botteghino, ma il buon Georg è stato candidato nel 2004 al prestigioso premio "International Emmy Awards", assegnato ai migliori programmi televisivi prodotti al di fuori degli Stati Uniti d'America. Il regista altoatesino era stato inserito nella sezione "Arts Programming" per il lavoro Wagnerwahn, documentario sulla vita del compositore tedesco. Tschurtschenthaler collabora attivamente con la prestigiosa casa di produzione berlinese Gebruder Beetz e ha fondato a Bolzano la propria Echo film, con la quale cerca di valorizzare artisti altoatesini.
Nella speranza di non avervi tediato troppo, il mio saluto nasce spontaneo: arrivederci a presto a San Candido!
La prima è datata 1954. In quell'anno esce infatti al cinema il film "Orient Express" del grande regista Carlo Ludovico Bragaglia. La storia di per sè non è niente di particolare. Un treno internazionale (il nome Orient Express in quegli anni evocava uno straordinario fascino esotico) rimane bloccato per una frana in un paesino di montagna (San Candido), facendo nascere storie impensabili e amori impossibili tra i passeggeri e gli abitanti del luogo. Non vi preoccupate: gli attori non sono Herr Senfter o Frau Schaefer, bensì divi veri e propri come Silvana Pampanini (già protagonista all'epoca di pellicole quali "Bellezze in bicicletta" o "I pompieri di Viggiù"), la splendida ungherese Eva Bartok, i francesi Henri Vidal e Robert Arnoux, il tedesco Carl Jurgens, il nostro Folco Lulli (già in "Napoli milionaria"). La pellicola non ottenne - ahimè - uno straordinario successo ma chissà...magari, allora come adesso, dette un grande input al turismo di massa.
La seconda storia cinematografica riguarda invece un protagonista in carne e ossa: il regista Georg Tschurtschenthaler. Sicuramente il nome non evoca sold out da botteghino, ma il buon Georg è stato candidato nel 2004 al prestigioso premio "International Emmy Awards", assegnato ai migliori programmi televisivi prodotti al di fuori degli Stati Uniti d'America. Il regista altoatesino era stato inserito nella sezione "Arts Programming" per il lavoro Wagnerwahn, documentario sulla vita del compositore tedesco. Tschurtschenthaler collabora attivamente con la prestigiosa casa di produzione berlinese Gebruder Beetz e ha fondato a Bolzano la propria Echo film, con la quale cerca di valorizzare artisti altoatesini.
Nella speranza di non avervi tediato troppo, il mio saluto nasce spontaneo: arrivederci a presto a San Candido!
Le foto utilizzate per questo servizio sono tratte dal web o dall'Almanacco Alta Pusteria.
Bibliografia
KUHEBACHER, E., La marca di San Candido, Bolzano, Athesia,
1980
KUHEBACHER, E., Paesaggio culturale e artistico del
territorio di San Candido, Associazione turistica di San Candido, 2003
EPPACHER, F., La collegiata di San Candido, Parrocchia di
San Michele, 2011
WATSCHINGER, H., Dove si scia qui?, San Candido, Haunold,
2005
BOCHER, G., Dobbiaco all’alba del XVI secolo, Circolo
culturale Alta Pusteria, 2006
ALMANACCO ALTA PUSTERIA, Estate 2015
ALMANACCO ALTA PUSTERIA, Estate 2015
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